RICERCA SCIENTIFICA
 
 
 


Esperienza professionale

Lavoro come ricercatore scientifico dal marzo 1986 presso una importante compagnia italiana operante nel settore petrolifero e del gas.
Durante la mia lunga esperienza professionale ho pubblicato e presentato 18 memorie scientifiche in conferenze internazionale, concernenti prevalentemente la relazione tra lubrificanti autotrazione ed emissioni autoveicolari, che mi hanno valso il riconoscimento da parte della comunità scientifica internazionale di esperto nel campo dell’impatto dell’olio lubrificante sulle emissioni. Sono anche titolare di tre brevetti nel campo dei lubrificanti.
In considerazione di ciò, la mia biografia è stata selezionata per l’inserimento nell’edizione 2009 dell’annuario “Who’s Who in the World”, che rappresenta la più completa ed importante raccolta di biografie di personaggi importanti a livello mondiale i cui risultati ottenuti e il cui successo siano degni di riconoscimento.
Negli anni passati ho condotto delle attività di ricerca nel campo dell’energia non-nucleare finanziate dalla Commissione Europea nell’ambito dei programmi JOULE (Joint Opportunities for Unconventional or Long-term Energy supply).
 
 
BREVETTI
Florio, Manni, Livraghi:
“Process for evaluating the environmental impact of components of lubricating oils” US Patent Number: 5,913,253 - Jun. 15, 1999

Manni, Mattei, Fattori:
“Composizioni lubrificanti a basse emissioni di particolato per motori a combustione interna” MI 96/A 001133 , June 4, 1996

Notari, D’Elia, Pianta, Manni:
“Additivi contenenti Cerio per composizioni lubrificanti e metodo per la loro preparazione” p. n.H070049, 2007
PROGETTI DI RICERCA INTERNAZIONALI
- "Reduction of lubricant impact on emissions" sponsored by European Community in the framework of JOULE-2 contract (JOU2-CT92-0098).

- "Fuel and lubricant formulations for high depolluted engines" sponsored by European Community in the framework of JOULE-3 contract (JOF3-CT95-0021).
PUBBLICAZIONI INTERNAZIONALI
[1] Manni, Berti, Fattori:
"A Test Method for Assessing Oil Consumption in an Engine" 1989 Agelfi Symposium – Bordeaux, France

[2] Manni, Fattori, De Craeker, Bourgognon:
"An Experimental Study of Oil Consumption in Gasoline Engines".
1991 Agelfi Symposium – Ostende, Belgium

[3] Manni, Ciocci:
"An Experimental Study of Oil Consumption in Gasoline Engines".
1992 SAE Congress Fuel & Lubricants - San Francisco (CA), USA (SAE 922374)

[4] Manni, Gommellini, Sabbioni:
"Effect of Physical Characteristics of Lubricating Oils on Emissions, Fuel Economy and Oil Consumption in a Light Duty Diesel Engine".
1995 SAE Congress Fuel & Lubricants – Toronto, Canada (SAE 952552)

[5] Manni, Mattei, Fattori, Gommellini:
"Impact of Engine Oil on Exhaust Emissions from Diesel Vehicles".
1996 Agelfi Symposium – Strasbourg, France

[6] Manni, Florio, Gommellini:
"An Investigation on the Reduction of Lubricating Oil Impact on Diesel Exhaust Emissions".
1997 SAE Congress Fuel & Lubricants – Tulsa, Oklahoma, USA (SAE 972956)

[7] Manni, Florio, Gommellini:
"Influence of Lubricating Oil Characteristics on Diesel Exhaust Emissions".
1998 Simposio Brasileiro sobre Lubrificantes - Rio de Janeiro, Brasil

[8] Manni, Gommellini:
"Effect of Lubricating Oils on Fuel Efficiency, Oil Consumption and Exhaust Emissions on a Heavy Duty Diesel Engine".
1998 Agelfi Symposium – Seville, Spain

[9] Manni, Florio, Gommellini:
"Impact of Fuel and Oil Quality on Deposits, Wear and Emissions from Light Duty Diesel Engine with High EGR".
2000 SAE Congress Fuel & Lubricants – Paris, France (SAE 2000-011913)

[10] Manni, Florio, Gommellini:
"A study on the Influence of Fuel and Lubricants Quality for a Light Duty Diesel Engine with High EGR".
Symposium Carburants, Lubrifiants et moteurs 2000 - Tunis

[11] Buttini, Manni:
"Emissions of Deuterated Tracers from Oil in Light and Heavy Duty Diesel Engine”.
2001 SAE Congress Fuel & Lubricants – S. Antonio, Texas, USA (SAE 2001-013531)

[12] Manni, Fattori:
"An Investigation on the Environmental Impact of a Full-synth SAE 5W-40 Oil in Light Duty Vehicles”.
2001 ORA Symposium – Nice, France

[13] Manni, Carriero, Roselli:
"A Study of Oil Consumption on a Diesel Engine with Independently Lubricated Turbocharger”.
2002 SAE Powertrain & Fluid Systems – S. Diego (CA), USA (SAE 2002-012730)

[14] Anzani, Manni, Alberici, Gommellini:
"Effect of Physical and Compositional Characteristics of Engine Oils on Fuel Economy Improvement of Modern Engines ” .
2002 ATA Symposium – Venezia, Italy

[15] Manni, Pedicillo, Bazzano:
"A Study of Lubricating Oil Impact on Diesel Particulate Filters by means of Accelerated Engine Tests”.
2006 SAE Powertrain & Fluid Systems – Toronto, Canada (SAE 2006-013416)

[16] Anzani, Manni:
"Le rôle des lubrifiants moteur pour la réduction de la consommation de carburant”.
2006 Symposium "Economie d’Energie et Impact Environnemental: Nouveaux Apports des Moteurs et des Produits Pétroliers"– Tunis

[17] Manni, Florio:
"Étude de l’impact sur l’environment d’un lubrifiant 5W-40 sur des véhicules légères à essence/Diesel”.
2006 Symposium "Economie d’Energie et Impact Environnemental: Nouveaux Apports des Moteurs et des Produits Pétroliers"– Tunis

[18] Manni, Pedicillo, Del Piero, Previde Massara:
"An Experimental Evaluation of the Impact of Lubricating Oils and Fuels on Diesel Particulate Filters”.
2007 JSAE Fuel&Lubricants Meeting – Kyoto, Japan (JSAE 20077277)
 
 
CONTRIBUTO DI MASSIMO MANNI ALLA NUOVA EDIZIONE DELL'ENCICLOPEDIA TRECCANI
 
L’EVOLUZIONE DEGLI OLI MOTORE

1 - Forze trainanti l’evoluzione

L’evoluzione degli oli motore segue di pari passo l’evoluzione motoristica. Pertanto l’indagine sulle forze trainanti di questo sviluppo ci riconduce inevitabilmente a quelle stesse forze che stanno influenzando lo scenario motoristico, di cui facciamo breve cenno di seguito.

1.1 - Riduzione CO2 (protocollo di Kyoto)

Con il Protocollo di Kyoto i paesi industrializzati si impegnano a ridurre per il periodo 2008–2012, il totale delle emissioni di gas ad effetto serra (CO2, Metano, Ossido di azoto, Idrofluorocarburi, Perfluorocarburi, Esafluoro di zolfo) almeno del 5% rispetto ai livelli del 1990. Alla comunità Europea è assegnato un contributo dell’8% che è stato poi ridistribuito tra i suoi stati membri con obiettivi di riduzione ulteriormente differenziati: all’Italia è assegnato un obiettivo del -6.5%.
Il raggiungimento di questi obiettivi richiede l’applicazione di adeguate politiche e misure che dovranno condurre ad una inversione di tendenza sull’emissione dei gas serra che dal 1990 ad oggi sono già notevolmente aumentate.
Il settore dei trasporti è stato considerato uno dei responsabili della produzione del biossido di carbonio, derivato essenzialmente dall'impiego di combustibili fossili per la produzione di energia. L'Unione Europea ha operato una strategia per ridurre le emissioni di CO2 dalle autovetture nuove da 186g/km a 120g/km, al più tardi entro il 2012, in accordo con le associazioni dei costruttori di autoveicoli dell’Europa (ACEA), del Giappone (JAM) e della Corea (KAMA).

1.2 - Riduzione emissioni inquinanti veicolari (normative comunitarie)

Negli ultimi anni si è assistito ad un crescente interesse nei confronti della problematica connessa al particolato emesso da autoveicoli, principalmente per effetto di una serie di studi tossicologici che suggeriscono l’esistenza di una relazione fra esposizione al particolato ambientale ed effetti negativi sulla salute umana.
Un altro problema ambientale di recente attenzione che riguarda le aree urbane e fortemente industrializzate è rappresentato dallo smog fotochimico, un particolare inquinamento dell’aria che si produce nelle giornate caratterizzate da condizioni meteorologiche di stabilità e di forte insolazione. Gli ossidi di azoto (NOx) e i composti organici volatili (VOC) emessi nell’atmosfera vanno incontro ad un complesso sistema di reazioni, indotte dalla luce ultravioletta, che porta alla formazione di una serie di composti tra i quali ozono (O3), perossiacetil nitrato (PAN), perossibenzoil nitrato (PBN), e aldeidi, con effetti negativi sulla salute umana.
NOx ed SOx sono stati portati all’attenzione già alcuni anni addietro come precursori di piogge acide con danneggiamento di vegetazione e vita acquatica.
Le evidenze prodotte in termini di effetto delle emissioni autoveicolari sull’ambiente e sulla salute umana hanno suggerito l’introduzione di opportune normative per regolare le emissioni dei mezzi di trasporto che dipendono dal tipo di veicolo e dal carburante utilizzato.
Tutti i veicoli debbono essere attualmente omologati in base a normative comunitarie che prevedono limiti di emissione allo scarico che divengono sempre più restrittivi. Di prossima introduzione saranno i limiti EURO4 (a partire dal 2005 per i veicoli di nuova omologazione e dal 2006 per i veicoli di nuova immatricolazione).


2 - Effetto del lubrificante sulle emissioni

L’olio lubrificante influenza le emissioni allo scarico secondo diverse modalità: in primo luogo attraverso la quantità di olio che trafila verso la camera di combustione o direttamente allo scarico (comunemente indicata con il termine “consumo olio”), attraverso la sua possibilità e capacità di bruciare in camera di combustione stessa, attraverso la sua influenza sui consumi di combustibile ("fuel economy"), attraverso i fenomeni di assorbimento e desorbimento del combustibile e infine più indirettamente attraverso l’impatto sui sistemi di post-trattamento dei gas di scarico.
L’entità del contributo dell’olio può variare da motore a motore, in funzione del livello fisiologico di consumo olio, dei sistemi di combustione, della presenza e tipologia dei sistemi di post-trattamento dei gas di scarico.

2.1 - Consumo olio
Il consumo olio è da sempre oggetto di molta attenzione da parte degli utenti, ed è molto spesso considerato tra i principali parametri di giudizio sulla bontà di un olio. Ultimamente ha assunto un’importanza maggiore per le sue implicazioni sulle emissioni allo scarico.
Tralasciando le eventuali perdite dalle tenute verso l’esterno, cha hanno ripercussioni ambientali ma non come influenza sulle emissioni allo scarico, esistono principalmente tre fonti di trafilamento dell’olio che ne determinano la presenza allo scarico: la prima fonte è costituita dalla zona valvole; la seconda dalla zona della segmentazione, la terza fonte è legata alla eventuale presenza di organi ausiliari come il turbocompressore, ampiamente diffuso soprattutto nel campo Diesel.
Il consumo dalla zona valvole si verifica con il trafilamento dell’olio tra stelo e guida valvola. Tale accoppiamento ha l’esigenza di essere lubrificato e deve essere raggiunto dall’olio che inevitabilmente può fluire verso la camera di combustione a causa della gravità, di fenomeni di capillarità e per il richiamo causato dalla depressione che si può trovare a livello delle valvole di aspirazione. Il richiamo dell’olio per depressione sembra essere ben regolato dalla legge di Poiseuille ed è un fenomeno particolarmente evidente nei motori a benzina tradizionali dove la presenza della valvola a farfalla causa in condizioni di funzionamento parzializzato elevate depressioni all’aspirazione. Negli ultimi anni il consumo olio dalle valvole è stato drasticamente ridotto con l’impiego dei gommini valvola. Si tratta di elementi di tenuta in gomma (acrilica, siliconica o fluorurata) posti sui guida valvola che tramite un labbro di tenuta hanno lo scopo di dosare la quantità di lubrificante da far passare in modo che essa si riveli appena sufficiente per la lubrificazione senza produrre eccessi che avrebbero ripercussioni sul consumo olio. Il mantenimento nel tempo dell’efficienza dei gommini di tenuta risulta fondamentale per il mantenimento del consumo olio a livelli accettabili. E’ pertanto necessario che i gommini di tenuta non varino sensibilmente le loro caratteristiche nel tempo a seguito del contatto con l’olio lubrificante. L’aggressività dell’olio verso i vari tipi di gomme viene valutata in appositi test di laboratorio caratterizzati da precisi limiti al decadimento prestazionale nel tempo.
Ancor più complesso è il fenomeno del trafilamento dell’olio attraverso la segmentazione che è a sua volta scomponibile in tre contributi principali: trafilamento attraverso le aperture dei segmenti (“gap”), attraverso lo spazio tra i segmenti e le rispettive gole, e infine come film d’olio sulle pareti del cilindro. Il passaggio dell’olio attraverso tali strade viene favorito dai movimenti dei segmenti del pistone: i moti assiali sono responsabili di una vera e propria azione di pompaggio dell’olio verso la camera di combustione; i moti radiali provocano perdita di contatto tra segmenti e superficie interna dei cilindri compromettendo la capacità dei segmenti stessi di limitare la quantità di olio che viene lasciata al di sopra del primo segmento durante il moto alternativo del pistone.
Nel gruppo turbocompressore l’olio lubrificante deve arrivare a lubrificare i cuscinetti che supportano l’alberino del turbocompressore. Poiché l’olio svolge anche l’importante funzione di asportare calore è necessario che la sua portata sia abbastanza alta da realizzare correttamente tale funzione. Per limitare le perdite di olio verso turbina e compressore vengono generalmente usati degli anelli che creano delle tenute a labirinto. Tali tenute possono limitare ma non impedire il trafilamento dell’olio che può essere favorito sia dai gradienti di pressione che dalle alte temperature.
Da quanto illustrato emerge un concetto di consumo olio come fenomeno complesso e articolato. In ogni caso si tratta di un fattore fisiologico che può variare da motore a motore anche restando nella stessa tipologia. Il suo andamento nel tempo è comunque influenzato dall’evoluzione dello stato del motore. All’inizio della vita del motore il consumo olio ha un andamento decrescente legato al fatto che le superfici accoppiate tendono ad assestarsi tra di loro migliorando il loro reciproco accoppiamento e limitando progressivamente il trafilamento dell’olio. La curva di evoluzione del consumo olio raggiunge pertanto un minimo quando questo assestamento risulta completato per poi tendere lentamente ma inesorabilmente ad aumentare in conseguenza dei fenomeni di deterioramento del motore. L’usura dei cilindri, soprattutto quella lucidante che si ha sulle pareti interne con la rimozione del “plateau” di lavorazione, determina un visibile aumento del consumo. La formazione dei depositi nelle gole dei segmenti porta nel tempo ad alterare il movimento dei segmenti stessi arrivando nei casi estremi al loro bloccaggio con effetti di forte incremento del consumo. In tal caso l’aumento del consumo olio diventa il chiaro sintomo di un problema al motore. Da quanto evidenziato emerge come fondamentale il ruolo dell’olio lubrificante che oltre che essere poco aggressivo nei confronti delle gomme, deve poter preservare il più a lungo possibile il buono stato del motore. L’olio lubrificante, oltre che influenzare indirettamente il consumo olio in funzione delle sue capacità di preservare nel tempo il buono stato del motore, ha un’azione più diretta sul fenomeno del consumo olio che è legata alle caratteristiche fisiche dell’olio stesso.
Volatilità dell’olio : una volatilità contenuta risulta sempre e in ogni caso benefica ai fini del consumo olio. L’entità di questo beneficio è dal punto di vista motoristico molto soggettiva, in quanto diverse esperienze sperimentali mostrano la stretta dipendenza dalla tipologia di motore, e ci spingono alla classificazione seguente:
- I motori di elevata cilindrata unitaria, raffreddati a liquido, caratterizzati da una limitata potenza specifica sembrano i meno sensibili alla volatilità.
- I piccoli motori raffreddati ad aria, anche se di limitata potenza specifica, risultano abbastanza sensibili alla volatilità.
- I motori per autovettura caratterizzati da una più elevata potenza specifica mostrano una più elevata sensibilità nei confronti della volatilità.
La volatilità risulta particolarmente importante nel regolare il consumo olio dalla segmentazione, ma anche il consumo dal gruppo turbocompressore risulta influenzato da questo parametro in virtù delle elevate temperature raggiunte.
Reologia dell’olio : la viscosità dell’olio risulta avere una influenza sul consumo olio molto più controversa rispetto alla volatilità.
Nei motori a benzina si può avere che l’effetto della viscosità può addirittura cambiare con le condizioni di funzionamento del motore. In un funzionamento parzializzato dove le elevate depressioni all’aspirazione favoriscono il consumo dalla zona valvole l’alta viscosità dell’olio risulta essere sperimentalmente più favorevole al contenimento del consumo olio, in accordo con la legge di Poiseuille. In condizioni di funzionamento ad alto carico, ove la valvola a farfalla risulta aperta, l’entità del consumo dalla zona valvole diminuisce ed aumenta il consumo dalla segmentazione. Se nell’ambito dei trafilamenti che compongono il consumo dalla segmentazione risulta prevalere il consumo come film d’olio, gli oli viscosi tenderebbero, in virtù delle leggi della lubrificazione idrodinamica, a lasciare un film di spessore maggiore con contributo maggiore al consumo olio.
Nei motori diesel ove è molto limitato il consumo dalle valvole la controversia può invece riguardare solo i diversi contributi al consumo olio provenienti dalla segmentazione e dal turbocompressore. L’esperienza sperimentale suggerisce che nel campo dei motori diesel sono molti i casi in cui una ridotta viscosità limita il consumo olio, ma esistono alcuni casi in cui il comportamento risulta opposto o casi in cui si rileva una certa insensibilità alla variazione di viscosità. Ciò risulta legato al bilanciamento tra i diversi effetti della viscosità sulle singole fonti di consumo olio.
La presenza nell’olio di polimeri miglioratori dell’indice di viscosità risulta avere un effetto favorevole nei confronti del consumo olio poiché rende l’olio più flessibile nell’adattarsi alle diverse situazioni di trafilamento. Ad esempio, per la limitazione del consumo olio è opportuno che la viscosità sia abbastanza contenuta a livello del film d’olio sulle pareti dei cilindri, ma una viscosità più elevata è in grado di limitare il trafilamento dall’apertura dei segmenti e per azione del pompaggio dell’olio verso la camera di combustione ad opera dei segmenti stessi. L’olio con polimero è caratterizzato dalla presenza di basi abbastanza fluide, in quanto l’inspessimento dell’olio a caldo resta legato alla presenza del polimero. In condizioni di elevati sforzi di taglio ad alta temperatura le molecole del polimero tendono tuttavia ad orientarsi in maniera tale da provocare una temporanea perdita di viscosità. Questa riduzione di viscosità in zone come la superficie interna dei cilindro può essere benefica ai fini del contenimento del consumo olio, mentre in altre zone ove gli sforzi di taglio sono minori, come l’apertura dei segmenti, resta garantita una viscosità più elevata. In tal modo l’olio con polimero risulta adattarsi al meglio alle diverse situazioni di consumo olio garantendo la viscosità ottimale per limitare i trafilamenti di olio. Per tale ragione il consumo di un lubrificante di grado SAE 10W-40 risulta generalmente inferiore al consumo di un olio SAE40 caratterizzato dalla stessa viscosità a caldo ma ottenuta solo con l’impiego di basi di alta viscosità e senza l’apporto del polimero.


2.3 - Effetto diretto sulle emissioni
Il lubrificante influenza tutte le emissioni regolamentate in quanto è in grado di contribuire sia alla frazione carboniosa del particolato (soot) che alla frazione organica volatile/solubile (VOF/SOF), agli idrocarburi incombusti o parzialmente combusti, e attraverso la fuel economy è in grado di influenzare le emissioni di NOx e di CO2.
Ovviamente il lubrificante condiziona lo stato del motore nel tempo, relativamente alla formazione di depositi e usura, e la sua capacità di contrastare tali fenomeni si traduce nella possibilità di mantenere il livello originario delle emissioni gassose e di particolato. Lo stesso invecchiamento dell’olio lubrificante può comportare effetti negativi sulle emissioni allo scarico.
Anche la quantità di solfati presenti nel particolato dipende in qualche misura dal lubrificante; infatti, la presenza di composti dello zolfo nei lubrificanti contribuisce alla produzione di solfati, come è stato visto utilizzando gasoli virtualmente privi di zolfo.

Nei capitoli precedenti è stato illustrato come le caratteristiche del lubrificante possono influenzare il consumo olio, con impatto diretto sulla quantità di olio che può pervenire allo scarico del motore. Ai fini dell’influenza sulle emissioni risulta particolarmente importante anche il momento in cui avviene il trafilamento: la quantità di olio trafilata nella fase di espansione e scarico ha poche o nessuna possibilità di bruciare in camera di combustione, mentre quella che trafila prima della combustione ha la possibilità di partecipare al processo di combustione stesso bruciando in maniera più o meno completa. La tendenza dell’olio a bruciare in maniera più o meno buona, che è definita “bruciabilità” o “combustibilità” dell’olio, è un altro fenomeno importante connesso con le caratteristiche chimiche dell’olio. In particolare la natura chimica delle basi lubrificanti risulta condizionare la buona bruciabilità dell’olio: alcune basi sintetiche presentano un comportamento particolarmente favorevole che si ripercuote positivamente soprattutto sulle emissioni di particolato.

Abbiamo visto in precedenza come le caratteristiche del lubrificante influenzano la cosiddetta "fuel economy", che si ripercuote direttamente sulla emissione di CO2. Cercheremo ora di vedere come la variazione del consumo specifico di combustibile si ripercuote sulle altre emissioni allo scarico. Una variazione della quantità di combustibile immessa in camera di combustione, oltre a variare la quantità di materia prima disponibile per il processo di combustione, determina una variazione della quantità di calore rilasciata e delle temperature in camera di combustione; nei motori Diesel determina altresì la variazione del rapporto Aria/combustibile, parametro fondamentale della combustione. Pertanto un minore consumo a parità di prestazioni motoristiche si traduce in una modifica della qualità di combustione con ripercussioni sulle emissioni allo scarico.
Analizzando nel dettaglio le variazioni di emissioni provocate da una riduzione di combustibile a parità di prestazione del motore, possiamo affermare che nel ciclo normalizzato utilizzato per l’omologazione delle autovetture secondo le normative comunitarie si assiste ad una attesa riduzione degli NOx, la cui produzione è molto legata alle temperature di picco raggiunte in camera di combustione. Diversamente gli HC ed il CO possono subire aumenti soprattutto nella fase cittadina del ciclo di omologazione proprio come conseguenza della riduzione di temperatura in camera di combustione. Anche la parte organica VOF/SOF del particolato può mostrare le stesse conseguenze. Gli effetti segnalati sono stati sperimentalmente rilevati senza agire in nessun modo sul motore che è stato rigidamente mantenuto nello stato consolidato dalla messa a punto operata dal costruttore. L’impiego di un olio lubrificante più fluido rispetto a quello utilizzato dal costruttore nella fase di messa a punto imporrebbe a rigore di rivedere la taratura del motore adeguandola alle caratteristiche dell’olio che si utilizza. Agendo opportunamente sulla centralina di gestione del motore è infatti possibile variare alcuni parametri caratteristici (anticipo all’iniezione/accensione, portata dei gas esausti ricircolati (EGR)) in modo da correggere gli effetti negativi su HC e CO, sfruttando invece appieno le possibilità di ridurre i consumi, la CO2 e gli NOx che sarebbero solo in parte alterati da una più adeguata taratura del motore. Da queste considerazione emerge la chiara importanza dell’olio che si afferma come parametro in grado di recitare un ruolo da protagonista nella messa a punto del motore accanto ai parametri motoristici tradizionalmente considerati come primi attori (Anticipo, EGR).
Diversi lavori dimostrano che l’impiego di oli di più basso grado SAE, rispetto alle gradazioni tradizionali, e di composizione sintetica può assicurare la riduzione contemporanea delle emissione di particolato e di NOx spostando quindi la curva di “trade-off” che esiste tra questi due inquinanti verso posizioni più favorevoli al raggiungimento dei limiti di emissioni. In alcuni casi è stato sperimentalmente dimostrato come autovetture Diesel che facevano fatica a rientrare nei limiti di emissioni di particolato ed NOx , sono rientrate agevolmente nei limiti ricorrendo all’impiego di oli fluidi sintetici.
La riduzione delle temperature allo scarico conseguente alla diminuzione del consumo specifico può inoltre avere influenza sulla efficienza dei catalizzatori soprattutto nella delicata fase di attivazione degli stessi (“light-off”). La ottimizzazione del motore in funzione delle caratteristiche reologiche dell’olio risulta crescere di importanza alla luce dell’esigenza di mantenere l’efficienza dei sistemi di conversione catalitica.

Per finire la disamina degli effetti del lubrificante sulle emissioni accenniamo al fatto che sia le caratteristiche chimiche che fisiche dell’olio possono influire sulla solubilità e diffusione del combustibile nel lubrificante. Questo fenomeno regola la capacità dello spessore di film d’olio presente sulle pareti del cilindro nell’assorbire combustibile nella fase di compressione e rilasciarlo durante l’espansione ove non ha più la possibilità di bruciare. Nei motori diesel il fenomeno può regolare anche la capacità del particolato di arricchirsi in combustibile incombusto.
Sebbene i moderni oli lubrificanti contengano concentrazioni di idrocarburi poli-nucleari aromatici (PNA) molto basse, possono comunque contribuire alle emissioni di PNA anche per effetto indiretto. Infatti il lubrificante assorbe lentamente i PNA contenuti nel combustibile e quelli prodotti durante la combustione; pertanto il lubrificante, a seconda del suo stato di invecchiamento e contaminazione, può fungere da mezzo assorbente per i PNA e da sorgente degli stessi. A tal proposito va ricordato che il lubrificante è esposto al contatto con il combustibile in maniera molto diversa nei motori benzina rispetto a quelli Diesel. Infatti, nei motori benzina tradizionali la miscela aria/combustibile è immessa nel cilindro durante la fase di aspirazione e quindi è a contatto con il film di lubrificante per molto più tempo che non nei motori Diesel dove il combustibile è iniettato solo alla fine della fase di compressione.

2.4 - Effetto indiretto sulle emissioni: influenza sui sistemi di post-trattamento dei gas di scarico

Il lubrificante risulta coinvolto negli effetti che causano perdita di efficienza dei sistemi di trattamento dei gas di scarico necessari per la limitazione delle emissioni. Tali effetti sono diversi in funzione della tipologia di sistemi considerata. Pertanto faremo di seguito cenno ad alcuni dei sistemi di uso attuale e futuro analizzando le problematiche che possono essere connesse al ruolo del lubrificante.

2.4.1 – Convertitori catalitici
Sono ormai da tempo presenti sulle autovetture a benzina tradizionali i catalizzatori del tipo a tre vie (TWC – three way catalysts) a base di palladio/platino e rodio che svolgono sia azione ossidante nei confronti degli idrocarburi incombusti o dei prodotti di parziale ossidazione e sia riducente nei confronti degli NOx. Tali catalizzatori richiedono di lavorare in un ambiente ove il rapporto tra aria e combustibile sia vicino allo stechiometrico, e non possono essere pertanto impiegati sui motori diesel, caratterizzati da un costante eccesso di aria, ove sono invece diffusi i catalizzatori con sola funzione ossidante (DOC - Diesel oxidation catalist).
Il catalizzatore ossidante impiegato in accoppiamento ai motori diesel è anche in grado di ossidare gli idrocarburi incombusti adsorbiti (VOF / SOF) sui nuclei di particolato secondo un meccanismo più articolato che dipende dalla temperatura del catalizzatore: inizialmente gli incombusti condensano sulla superficie del catalizzatore; successivamente all’aumentare della temperatura vengono rilasciati e possono essere convertiti solo quando la temperatura raggiunge valori opportuni per la loro ossidazione.
I tipi di catalizzatori citati possono subire un avvelenamento irreversibile ad opera del fosforo che è anche imputato di ridurre l’efficienza di funzionamento delle sonde lambda che consentono ai motori a benzina il mantenimento del rapporto stechiometrico tra aria e combustibile ai fini del corretto funzionamento dei TWC.
L’avvelenamento dei siti catalitici consiste in una graduale riduzione dei siti attivi con conseguente declino delle prestazioni rilevabile sia come incremento della temperatura di attivazione del catalizzatore (“light off”), sia come riduzione della efficienza di conversione.
L’azione del fosforo si esplica attraverso un accumulo di composti sulla superficie del rivestimento che provoca l’occlusione dei pori del rivestimento stesso il che impedisce la diffusione del gas esausto nei pori stessi ed il contatto con i siti catalitici al loro interno. Tali depositi subirebbero un consolidamento nel tempo con formazione di uno strato cristallino che non è più possibile rimuovere al quale contribuirebbero i composti dello stesso rivestimento. L’entità di questa deattivazione sembra dipendere molto anche dal tipo di rivestimento e dal tipo di elemento catalizzatore impiegato: il Platino sembra offrire più resistenza alla perdita di efficienza rispetto al Palladio; un rivestimento di allumina sembra più indicato della silice per il mantenimento prestazionale nel tempo.
L’altro elemento, presente nel lubrificante, che è imputato di effetti negativi sui catalizzatori è lo zolfo. Esso arriva generalmente al catalizzatore come SO2, ma a seconda dell’ambiente che trova può essere immagazzinato in qualche forma chimica sul rivestimento e sui siti catalitici. L’avvelenamento da zolfo è detto di tipo reversibile, o più semplicemente si parla di inibizione e non di avvelenamento, in quanto il catalizzatore può essere liberato dai composti dello zolfo con un funzionamento ad alto carico del motore che faccia aumentare la temperatura dei gas di scarico a valori tali da realizzare l’ossidazione dei composti e la successiva eliminazione allo scarico.

2.4.2 - Trappole per particolato
L’esigenza di soddisfare i nuovi limiti di emissioni richiede sulle vetture con motori diesel di taglia medio-grande l’impiego della trappola antiparticolato (DPF - Diesel particulate filter). In alcune aree geografiche l’impiego della trappola è già da oggi fiscalmente agevolato e questo sta conducendo i costruttori di automobili ad offrire il DPF come optional anche laddove non sarebbe strettamente richiesto per il soddisfacimento dei nuovi limiti di emissioni.
La trappola svolge una azione di filtraggio fisico dei gas di scarico trattenendo la quasi totalità delle particelle sospese nel gas. Nel giro di poche centinaia di chilometri essa tende tuttavia ad essere intasata dall’accumulo delle particelle, il che comporta un aumento di contropressione allo scarico che si ripercuote negativamente sulle prestazioni del motore. E’ pertanto necessario provvedere alla rigenerazione della trappola che si ottiene portando la temperatura dei gas di scarico a valori tali da consentire la combustione della parte carboniosa del particolato. La soglia di temperatura, generalmente di circa 550°C viene raggiunta con una post-iniezione che arricchisce i gas di scarico di incombusti che vengono ossidati nel catalizzatore producendo calore ma può essere opportunamente abbassata con additivi organometallici nel combustibile (composti di ferro e cerio) che svolgono una azione catalitica a livello delle particelle stesse di particolato che inglobano l’additivo. Un metodo di rigenerazione alternativo consiste nel far reagire il particolato con la NO2 presente nel gas di scarico (ottenuta ossidando in un precatalizzatore la NO) il che consente una rigenerazione a temperature più basse che diverrebbe in tal modo di tipo quasi continuo (CRT – continously regenerating traps). Affinché questo tipo di rigenerazione sia realizzabile devono tuttavia essere rispettate alcune condizioni di temperature, velocità di flusso, rapporto tra particolato ed NO2, che sono più facilmente soddisfatte nei motori per veicoli da trasporto pesante piuttosto che nei motori da autovettura.
I DPF a rigenerazione continua risultano estremamente sensibili allo zolfo, in quanto in presenza di SO2 tende ad essere favorita l’ossidazione di questo composto piuttosto che quella dell’NO, con il risultato che la NO2 necessaria per la rigenerazione risulta insufficiente per una corretta rigenerazione. Inoltre in tutti i filtri che presentano un rivestimento catalitico e/o un catalizzatore ossidante posto a monte del filtro stesso la presenza di zolfo favorisce la formazione dei solfati che contribuiscono al materiale particellare trattenuto dal DPF. Pertanto la riduzione dello zolfo consentirebbe di limitare la formazione del materiale accumulato nell’unità di tempo riducendo la frequenza di rigenerazione che ha un effetto sui consumi di combustibile.

Il metodo di additivazione del combustibile ha trovato finora una certa diffusione in campo automobilistico poiché risulta particolarmente efficace nella rigenerazione consentendo di abbassare la temperatura di combustione del materiale carbonioso di circa 100°C, ma comporta lo svantaggio di aumentare la presenza di ceneri metalliche sulla trappola stessa. Le ceneri che si fermano sulla trappola non possono essere rigenerate come avviene per il materiale carbonioso e danno luogo ad un intasamento progressivo e irreversibile che tende a limitare la durata nel tempo delle trappole. Un modo per ovviare all’inconveniente consisterebbe nel prevedere una operazione di manutenzione del filtro dopo un determinato chilometraggio (es 80,000 km) in cui si provveda allo smontaggio del filtro ed alla rimozione delle ceneri accumulate. La tendenza dei costruttori è però di evitare operazioni di manutenzione intermedia obbligatorie assicurando invece una vita dell’elemento filtrante che sia pari a quella del motore. Laddove non si usano additivi nel combustibile per facilitare la rigenerazione, la presenza delle ceneri metalliche nei filtri risulta essenzialmente legata all’olio lubrificante. Pertanto la limitazione del contenuto di ceneri dell’olio diventa il principale presupposto per la durata della trappola.

2.4.3 - Trappole per NOx
Con la diffusione dei motori ad iniezione diretta di benzina in grado di funzionare con miscele magre ai carichi parziali, si sta diffondendo anche l’impiego di un particolare sistema per la riduzione degli NOx in grado di lavorare in ambienti ricchi di ossigeno definite come Lean NOx Traps (LNT) o NOx-adsorbers. Si tratta di sistemi il cui rivestimento catalitico incorpora generalmente tre elementi: catalizzatore ossidante (generalmente Pt), elemento assorbente (in genere Ba), ed elemento riducente (in genere Rh).
L’elemento assorbente, durante il funzionamento del motore con miscela magra, è in grado di immagazzinare gli NOx come nitrati di bario.
Poiché la NO2 è più facilmente immagazzinabile come Ba(NO3)2 rispetto alla NO, l’elemento ossidante del catalizzatore deve favorire l’ossidazione di NO in NO2.
Quando la trappola si satura è necessario rigenerarla facendo funzionare il motore con miscela leggermente ricca. Nel momento in cui si passa da ambiente magro ad ambiente ricco di idrocarburi, i nitrati divengono instabili e tendono a rilasciare gli NOx che possono essere ridotti similmente a quanto avviene nei normali catalizzatori a tre vie sfruttando la presenza del rodio.
In presenza di zolfo, si formano SO2 ed SO3 che entrano in competizione con gli NOx per reagire con il bario e formare solfati (BaSO4): In tal modo la trappola presenta una ridotta capacità di assorbire NOx e per di più si satura molto velocemente per cui si rende necessario rigenerarla più frequentemente, con ripercussioni negative sulla fuel economy.
Per rigenerare la trappola ed eliminare i solfati di Ba occorrono temperature di almeno 650°C, superiori a quelle necessarie per rendere instabile il nitrato di Ba, il che significa che la rigenerazione dello zolfo comporta oltre che una maggiore frequenza di rigenerazione anche un maggior dispendio energetico per ciascuna rigenerazione.
Inoltre lo zolfo può temporaneamente e parzialmente avvelenare i siti catalitici che devono presidiare la conversione di NO in NO2 con ulteriori ripercussioni sulla capacità di immagazzinare NOx.

2.4.4 - SCR
Sui veicoli da trasporto pesante (“heavy duty”) sembra possa affermarsi per il soddisfacimento dei limiti sulle emissioni di NOx un sistema di riduzione denominato SCR (selective catalytic reduction). In questa tipologia di sistema si usa iniettare nei gas di scarico un agente riducente, generalmente urea (CO(NH2)2), composto non tossico attualmente utilizzato come fertilizzante in campo agricolo. L’urea viene usato in una soluzione acquosa iniettata nel flusso dei gas di scarico che si trovano ad elevata temperatura in modo da ottenere per idrolisi l’ammoniaca, che è il vero agente riducente, e liberando anidride carbonica.
L’ammoniaca prodotta è in grado di reagire con NO ed NO2 in un catalizzatore generalmente costituito da ossidi di vanadio, tungsteno o titanio, formando acqua e liberando azoto N2. Poiché parte dell’ammoniaca tende anche ad essere ossidata dalla O2 è necessario che la presenza di ammoniaca sia sempre in eccesso rispetto agli NOx da trattare. A monte dell’iniezione di urea è in genere presente anche un catalizzatore ossidante che oltre alla eliminazione di HC e CO si occupa della conversione di NO in NO2, dal momento che la presenza di quest’ultimo composto sembra rappresentare la via più diretta per la reazione con ammoniaca.
A seguito della presenza di zolfo nel lubrificante e/o nel combustibile sarebbero presenti nei gas di scarico composti come SO2 ed SO3 che tenderebbero a formare solfati di ammonio, che oltre a consumare ammoniaca avrebbero effetti deattivanti nei confronti dei siti catalitici, effetti tuttavia reversibili nel funzionamento ad alta temperatura.
Poiché è necessario che l’ammoniaca sia sempre presente in eccesso per realizzare una buona riduzione degli NOx, è possibile che una parte di questa non venga utilizzata e resti quindi nei gas di scarico. Per eliminare l’ammoniaca residua è possibile impiegare un ulteriore catalizzatore ossidante finale.
Pertanto il sistema SCR è costituito da un insieme di catalizzatori con funzioni diverse che possono essere soggetti a parziale deattivazione da parte delle sostanze contenute nell’olio tra le quali il fosforo, già imputato di avvelenamento nei confronti dei catalizzatori. Questi effetti sono attualmente oggetto di studio, ma si pensa che una limitazione dello zolfo e del fosforo non possa che essere opportuna per il mantenimento dell’efficienza di questi sistemi.
3 - Evoluzione delle richieste a carico del lubrificante
3.1 - Compatibilità con i sistemi di post-trattamento
Recentemente l’associazione europea costruttori ed alcune case automobilistiche che emanano singole specifiche sui lubrificanti hanno deliberato delle nuove categorie di lubrificanti con limiti chimici massimi su ceneri, zolfo e in alcuni casi fosforo per tenere conto in primo luogo delle esigenze dei motori diesel dotati di DPF ma anche di altri sistemi attuali e futuri.
La presenza di ceneri organometalliche nel lubrificante è come accennato in precedenza responsabile della progressiva ma lenta occlusione nel tempo dei DPF. Allo scopo di una valutazione quantitativa supponiamo di considerare una autovettura che in condizioni di esercizio normale consumi 1 kg di olio per 10,000 km di percorrenza. Se il contenuto di ceneri dell’olio è su valori tradizionali tra 1.2 e 1.5%, ne viene di conseguenza che in 100,000 km la quantità di ceneri che passerà nel sistema di scarico sarà di 120-150g. Una simile quantità di ceneri sarebbe a malapena sopportata da un DPF che manifesterebbe inevitabilmente un decadimento prestazionale legato ad aumento di contropressione allo scarico. Da qui la decisione di limitare il contenuto di ceneri degli oli destinati ad equipaggiare i motori diesel del prossimo futuro.
La limitazione delle ceneri impone la limitazione di una serie di additivi usati come detergenti e antiusura che contengono elementi organometallici. Ai fini del mantenimento delle prestazioni si rende pertanto opportuno spingere la ricerca verso componenti di natura “ashless” cioè che non contribuiscono alle ceneri.
La riduzione delle ceneri si accompagna a quella di zolfo e fosforo, anche in considerazione del fatto che la sua limitazione provoca una automatica ripercussione sugli additivi organometallici contenenti questi ultimi elementi .

Lo zolfo è, come ampiamente discusso, imputato soprattutto di ridurre l’efficacia delle trappole per NOx, imponendone la più frequente rigenerazione, ma causa avvelenamento reversibile di tutti i tipi di catalizzatori.
La presenza dello zolfo nei lubrificanti di uso attuale deriva dal contributo delle basi, se di tipo minerale, e di alcuni dei componenti del pacchetto di additivi. Gli oli minerali o con minima presenza di basi sintetiche possono presentare un contenuto di zolfo di 7000-8000 ppm mentre gli oli con basi totalmente sintetiche o non convenzionali possono presentare un tenore di 3000-4000 ppm.
Ai fini di un confronto quantitativo tra il contributo dello zolfo del lubrificante e quello del combustibile supponiamo di riferirci ad un motore diesel turbocompresso per autovettura con potenza massima intorno ai 100kW. Dati sperimentali su questa tipologia di motori indicano che il consumo olio è mediamente pari a circa 1/200 del consumo di combustibile.
Ipotizziamo di valutare il contributo dello zolfo proveniente dall’olio riferendoci ai tenori estremi di 3000 ppm (olio sintetico con pacchetto a medie ceneri) e 8000 ppm (olio minerale tradizionale). Sulla base del suddetto rapporto tra consumo olio e consumo combustibile, il contributo dell’olio è pari a 15-40 ppm espresso in termini equivalenti al consumo di combustibile. Confrontando tale contributo con quello di gasoli a diverso tenore di zolfo possiamo affermare quanto segue:
1) Con l’impiego di un gasolio contenente 300 ppm di zolfo, il contributo del lubrificante risulta di un ordine di grandezza inferiore nei confronti di quello del combustibile (da 1/8 a 1/20)
2) Nell’ipotesi di utilizzare un gasolio con contenuto di zolfo di 50 ppm, come prevede il limite Euro4, il contributo del combustibile risulta paragonabile a quello di un olio minerale tradizionale.
3) Nell’ipotesi di utilizzare un gasolio con contenuto di zolfo di 10 ppm, come probabilmente previsto dai limiti Euro5 ma già presente in alcune aree, risulta invece prevalere il contributo del lubrificante che nel caso di olio minerale risulterebbe quattro volte maggiore mentre nel caso di oli sintetici a medie ceneri risulterebbe solo di poco superiore. Pertanto utilizzare un combustibile a 10ppm accoppiato con un olio minerale tradizionale darebbe un contributo totale equivalente a quello di un combustibile contenente 50ppm di zolfo, valore che risulta dimezzabile con l’impiego di un olio sintetico a medie ceneri.
Dalle considerazioni fatte si evidenzia l’importanza emergente della limitazione dello zolfo nei lubrificanti in presenza dei sistemi di post-trattamento dei gas di scarico che si rivelano sensibili all’avvelenamento da zolfo. Il primo passo in tal senso è chiaramente connesso all’impiego di basi lubrificanti prive di zolfo, il che emarginerà in un prossimo futuro le basi minerali tradizionali a vantaggio delle basi sintetiche e di quelle minerali soggette a trattamenti di hydrocracking ed isomerizzazione. Un ulteriore contributo alla riduzione dello zolfo sarà però anche richiesto all’additivazione dell’olio il che si traduce nella limitazione di impiego di una serie di additivi di diversa funzionalità (detergenti, antiusura, antiossidanti, antiattrito) contenenti zolfo.

L’unica fonte di fosforo è rappresentata dal lubrificante e più in particolare dagli additivi antiusura (ditiofosfati di zinco) in esso contenuto. Gli oli tradizionali presentano un contenuto di fosforo generalmente intorno a 1000-1200 ppm.
Il problema dell’avvelenamento da fosforo è stato portato all’attenzione già da diversi anni ma si è sempre tollerata la presenza di questo elemento per il suo ruolo importante come antiusura. La sua limitazione offre una notevole spinta alla ricerca di antiusura alternativi caratterizzati dalla assenza di fosforo e possibilmente di zolfo.
La presenza del fosforo è inoltre legata a quella dello zinco che, a parte il suo contributo alle ceneri, è stato anch’esso sotto osservazione come elemento imputato di avvelenamento dei catalizzatori. I dati sperimentali sembrano tuttavia meno univoci nel classificare lo zinco come avvelenante contrariamente a quanto avviene invece per il fosforo.


3.2 - Prestazioni convenzionali
Il raggiungimento di proprietà di compatibilità nei confronti dei sistemi di post-trattamento dei gas di scarico deve tuttavia coesistere con esigenze prestazionali classiche e con aspetti emergenti dalle più recenti evoluzioni tecnologiche dei motori.
Nel campo dei motori a benzina lo sviluppo di motori ad iniezione diretta comporta come conseguenza una possibile maggiore contaminazione dell’olio da parte del combustibile, a causa del contatto diretto tra lo spray di combustibile e lo spessore di film d’olio sulle pareti del cilindro. La fluidodinamica della camera di combustione sembra tuttavia avere un ruolo importante nel favorire o ostacolare il contatto oltre che nel determinare la corretta preparazione della miscela.
Un altro problema che sembra emergere relativamente a questa tipologia di motori è rappresentato dall’aumento dei depositi sulle valvole di aspirazione sulle quali viene meno l’azione parzialmente dilavante operata dall’iniezione di combustibile verso le valvole stesse che avviene invece nei motori ad iniezione nel collettore. Poiché l’olio lubrificante che trafila lungo le valvole resta uno dei maggiori imputati alla formazione dei depositi sulle stesse, aumentano le richieste da parte dei costruttori verso oli con un basso contributo ai depositi sulle valvole.
Nel campo diesel per autovetture si è assistito negli ultimi anni ad una lievitazione della potenza specifica consentita dai nuovi impianti di iniezione ad alta pressione (Common rail e iniettori-pompa). La maggiore potenza specifica implica un maggiore carico termico sul pistone che a sua volta si traduce in una richiesta nei confronti dell’olio di migliori prestazioni antiossidanti e detergenti.
Le elevate pressioni di iniezione, accompagnate da una sovralimentazione spinta hanno inoltre determinato un incremento delle sollecitazioni meccaniche a livello pistone, fasce elastiche e cuscinetti. Conseguentemente, all’olio viene richiesta una migliore ottimizzazione delle caratteristiche reologiche reali (Indice di viscosità, HTHS, coeff. viscosità-pressione) e migliori proprietà antiusura.
Ai fini della riduzione delle emissioni di NOx si è diffuso sui motori Diesel e su alcuni motori a benzina l’impiego del ricircolo dei gas di scarico (EGR). Questa tecnica consiste nel prelevare una certa quantità di gas allo scarico reintroducendola nei cilindri assieme all’aria aspirata la cui portata volumetrica risulta quindi ridotta di una quantità corrispondente alla portata di gas ricircolato. L’effetto del ricircolo è quello di abbassare le temperature di picco in camera di combustione con influenza diretta sulla produzione di NOx. Tuttavia il gas ricircolato e aspirato nuovamente dal motore aumenta la contaminazione dell’olio lubrificante ad opera di materiale carbonioso, incombusti provenienti dal combustibile e sostanze acide generate in camera di combustione. L’uso dell’EGR richiede pertanto una maggiore attenzione alle proprietà neutralizzanti e disperdenti del lubrificante.
La ricerca di un esasperato isolamento acustico del vano motore tende ad ostacolare la perdita di calore verso l’esterno con un aumento generale delle temperature del motore. La conformazione aerodinamica delle vetture, con la ricerca del migliore Cx possibile ai fini delle riduzione della potenza perduta per resistenza aerodinamica, non migliora la situazione termica gravosa dei motori. Le proprietà antiossidanti degli oli vengono anche in tal caso alla ribalta per la loro fondamentale importanza ai fini del mantenimento delle prestazioni del lubrificante nel tempo.
Parallelamente a tutto questo, la tendenza all’allungamento degli intervalli di manutenzione delle vetture spinge i costruttori a prolungare anche gli intervalli di cambio olio. A tal fine diviene sempre più frequente la richiesta da parte di molti costruttori verso oli “long life” cioè capaci di durare più a lungo di oli tradizionali e consentire quindi un cambio dell’olio meno frequente. Il conferimento di proprietà long life porta naturalmente al rafforzamento di tutti gli aspetti prestazionali dell’olio stesso, il cui effetto viene valutato attraverso prove motoristiche normalizzate di maggiore severità.
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